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Amazon e il Washington Post

WashingtonPost_AmazonLa notizia la conoscete già, se fate un giro sui giornali online trovate molti altri dettagli, Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha acquistato il Washington Post per una cifra che si aggira intorno ai 250 milioni di dollari.
Parliamo di un quotidiano molto importante autore di scoop storici, come quello del Watergate. Non è il primo caso eclatante, infatti John W. Henry, il proprietario della squadra di baseball dei Red Sox, ha acquistato il Boston Globe per 70 milioni di dollari. Precedentemente comprato nel ’93 per 1,1 miliardo di dollari dalla New York Times Company.

Entrambe le operazioni sono il frutto della forte crisi della carta stampata.

Un tempo si compravano i giornali per leggere le notizie, oggi le notizie si trovano gratuitamente online.

Questo stravolgimento coglie ancora impreparati la gran parte dei quotidiani che sperimentano sistemi per far comprare i giornali ai lettori. Tutti i grandi editori di giornali stanno cercando di capire come creare nuovi modelli di business attraverso il web. Però ancora non sembra che ci siano soluzioni in vista.

Se gli utenti non comprano i giornali, perché qualcuno è disposto a spendere grandi cifre per divenire proprietario di testate giornalistiche su carta?

Forse perché quotidiani di grande prestigio internazionale sono garanzia di grande flusso di utenti che pur cercando le notizie gratuitamente preferisce e premiano l’autorevolezza all’improvvisazione o al copia incolla (tipo quello che ho fatto io per descrivere la notizia all’inizio del post).

Quindi grande flusso di utenti rappresenta grande possibilità di vendita per chi ha qualcosa da vendere online.
Opportunità per chi sa seguire ed interpretare l’esigenza degli utenti della rete. Per chi comprende le trasformazioni che il web sta imprimendo nelle abitudini degli utenti. Perché internet porta con se delle trasformazioni anche nella vita reale e diventa opportunità per esprimere meglio e più liberamente i propri contenuti. Ad esempio le proteste sociali, ambientali corrono sulla rete mentre la politica tradizionale non riesce a seguire il linguaggio della rete e si preoccupa di contenere e controllare la comunicazione.

Allora un’azienda come Amazon che vende libri, ebook e gradualmente comincerà a vendere servizi e pubblicità vede in questo flusso di utenti, attento anche all’indipendenza dell’informazione, un nuovo importante canale per sperimentare nuove forme di comunità a cui proporre anche qualcosa da comprare. Non voglio apparire un entusiasta dell’operazione commerciale di Jeff Bezos, vedremo cosa farà con il Washington Post, posso dire che sarà nel suo interesse e in quello della sua azienda non imbrigliare il giornale. Se il WP vorrà parlare male di Amazon sarà suo interesse tutelare la libertà del giornale.

Insomma tutto l’opposto dell’immagine che ho messo in testa al post. Non un unica azienda ma aziende diverse e alleate.

i grandi colossi della rete, Google, Facebook, Amazon sanno che devono conquistare nuovi utenti, regalargli continuamente occasioni per legarli a se. Questa è la loro forza, avere milioni di utenti che leggono, guardano, ascoltano, commentano, giocano nelle loro pagine.

Questi utenti diventano i loro acquirenti e contemporaneamente il pubblico a cui offrire le pubblicità/offerte commerciali delle aziende private in cerca di nuovi clienti/utenti.

La scommessa sui nuovi modelli di business la vince chi è disposto a mettere in sinergie soggetti/comunità apparentemente diversi tra loro. Chi è disposto a stravolgere il concetto della vendita tradizionale, io ti vendo una cosa e tu mi paghi.
Sarà diverso, io ti propongo un’idea, fai parte di una comunità, puoi contribuire a migliorarla, puoi criticarla e potrai usufruire gratuitamente dei servizi, solamente dovrai aiutarci a portare avanti questo progetto. Quindi abbiamo bisogno del tuo contributo (dei tuoi soldi, del tuo lavoro, della rete dei tuoi amici ecc ecc).

Sempre di più cresce il peso dell’opinione pubblica del fruitore/cliente. Il loro giudizio assume sempre più valore, e l’impegno etico di un ente privato o pubblico diventa cartina di tornasole. Infatti le imprese che integrano le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e ascoltano le sollecitazioni dei consumatori e delle comunità di riferimento si trovano avvantaggiati nelle loro operazioni commerciali.

Queste cose vanno fatte rispettando i reali interessi di chi si vuole aiutare e non possono essere delle azioni finte e di facciata. C’è bisogno di autorevolezza e indipendenza, come certe testate giornalistiche possono garantire (Washington Post ad esempio). Al contrario, quando testate come la RAI alla rincorsa del banale, dimenticando di avere o di avere avuto grandi autori, propone programmi di dubbio gusto sui profughi con dei testimonial che nulla hanno a che fare con il problema ottiene solo delle grandi polemiche.

Quindi il giornalismo non deve temere il web ma deve cogliere l’occasione per sperimentare nuove forme di linguaggi e creare nuove alleanze con i propri lettori, comunità attive. Sarà compito del nuovo editore sperimentare nuovi modelli di business. Questo vale non solo per i grandi colossi ma anche per i più piccoli. Infatti, piccoli editori, associazioni, cooperative sociali che si occupano di cultura, ambiente e sociale trovano in se stessi i valori da comunicare agli utenti/clienti e l’autorevolezza è data dal loro lavoro nel tempo. Devono semplicemente rendersi conto che le cose sono cambiate e puntare su se stessi. Adesso lo spazio c’è.

Azzurrorosso

Ecco un nuovo disegno su tela che viene fuori dal cassetto. Mi piaceva molto coprire con i giornali le tele e poi dipingerci sopra. L’idea di farmi suggerire le forme da una texture fatta di articoli di giornale era un modo per non cominciare dal foglio bianco. Poi non a caso dei giornali, un modo per rappresentare una certa quotidianità, quella che ho cercato di ritrarre nei volti che ho disegnato. Ho cercato di bloccare un pensiero, uno stato d’animo ma soprattutto un presente che a volte mi sembra senza futuro. Eppure non sono un pessimista. Quegli sguardi di ragazzi che non hanno nulla da perdere e forse nulla da guadagnare, sguardi che a volte fatico a sostenere, guardo basso e tiro dritto…

Giornali gratis per strada e al bar, e i fumetti?

A Bologna c’è questa vecchia abitudine delle bacheche dei quotidiani per strada. Solitamente sono quelle dei quotidiani di partito, organizzazioni che oggi non esistono quasi più. Resiste l’Unità, molto diffusa e ho trovato anche la bacheca dell’Avanti storico giornale socialista.

Contemporaneamente in tutti i bar trovi il Carlino, la Gazzetta e la Repubblica e in quelli del centro spesso non hai che l’imbarazzo della scelta. Questa possibilità di lettura gratis dei giornali è molto apprezzata e mi sembra che l’effetto sia quello di stimolare la diffusione e la voglia di leggere i giornali. Per i bar è anche un servizio in più per i clienti. Non sto pensando a Topolino o Dylan Dog gratis nei bar, i tempi di lettura forse sono diversi di un articolo di giornale. Allora? Allora mi viene subito da pensare alla diffusione gratuita di contenuti sul web. Penso ad un servizio di pdf offerti gratuitamente, che possono invogliare l’acquisto di un libro. Prima leggi e poi paghi. Penso ai Wu Ming che hanno sperimentato la condivisione su internet dei loro libri in forma gratuita. Questa condivisione ha sicuramente contribuito a farli conoscere e aumentare le loro vendite. Oppure penso all’iniziativa fatta dalla piccola casa editrice siciliana Navarra Editore che ha inviato 100 libri di un romanzo a chi ne facesse richiesta con l’impegno di pagarlo solo se soddisfatti. Insomma, esempi interessanti che potrebbero tornare utili all’editoria del fumetto. A proposito di fumetti gratis, molto interessante l’esperimento dei Superamici con Picnic il box con diverse riviste gratis che ha dimostrato che anche gli autori devono darsi da fare. Che ne pensate?